Un tempo semisconosciute alla medicina, le intolleranze alimentari vengono oggi diagnosticate con relativa frequenza grazie ai progressi della ricerca scientifica. Le più comuni risultano l’intolleranza al lattosio e quella al glutine, ma ne esistono molte altre.
Con l’eccezione del favismo e dell’intolleranza alimentare all’istamina di norma non mettono in pericolo di vita chi ne è affetto. Però riducono la qualità della vita e la salute, anche pesantemente. La buona notizia è che la cura è tanto semplice quanto efficace: astenersi dai cibi che causano la malattia.
Vediamo di capire allora quando è il caso di sospettare le intolleranze alimentari. Ovviamente, la guida non intende sostituirsi al parere medico, bensì aiutarti a comprendere se i sintomi che presenti potrebbero esserne la causa.
Indice
Cosa sono le intolleranze alimentari
Quando si parla di intolleranze alimentari s’intende una reazione anomala dell’organismo a uno o più alimenti. Gli effetti patologici però non derivano mai da un coinvolgimento abnorme del sistema immunitario. Questo permette di distinguere tali condizioni patologiche dalle allergie, che sono più gravi -ma più facili da diagnosticare-.
Alla base delle intolleranze alimentari possono esserci 3 diverse cause. Una è la carenza di uno specifico enzima, solitamente necessario per digerire un alimento. L’intolleranza al lattosio, al glutine e il favismo rientrano tutte in questa categoria.
Poi esiste la forma dovuta all’ipersensibilità verso sostanze ad azione farmacologica contenute in determinati cibi. L’individuo che ne è affetto in pratica non tollera l’introduzione di dosi anche minime – specie nei casi più gravi – di sostanze che nei soggette normali provocano reazioni soltanto se assunte in quantità eccessive. Tra le molecole più coinvolte troviamo l’istamina, la tiramina, l’alcool e la caffeina.
Infine troviamo le intolleranze alimentari scatenate da alcuni additivi. O meglio, da molti additivi. Quelli più facilmente incriminati sono i benzoati, il nitrito e nitrato di sodio, i solfiti, il glutammato di sodio, l’aspartame, il sorbitolo.

Quale ne siano la causa e la forma, le intolleranze alimentari solitamente si manifestano con tempistiche decisamente rallentate rispetto alle allergie. Inoltre risultano dose-dipendente. Questo significa che un solo sorso di latte o un boccone di pane una tantum non causano tutte le conseguenze scatenate invece da un consumo costante dell’alimento non tollerato.
La reazione organica comunque, va sottolineato, dipende anche dalle condizioni del soggetto in un particolare momento. Una flora batterica alterata o l’assunzione di certi farmaci possono incrementare la sintomatologia.
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Come si manifesta il problema
Le reazioni dovute alle intolleranze alimentari risultano eterogenee per intensità, tempi di comparsa e organi coinvolti. Questo spiega perché a volte passa davvero molto tempo prima di capire la causa reale di certi disturbi. I più comuni interessano l’apparato digerente.
Aerofagia, diarrea frequente o alternata a stipsi, bruciori di stomaco, digestione lenta, addome dolorante e gonfio, ipo o iperfagia – ossia appetito scarso o eccessivo -, bollicine sulla lingua, aumento o perdita di peso risultano i principali sintomi a carico del tratto gastrointestinale. Nota bene che molto difficilmente si presentano tutti insieme; ad ogni modo se la maggior parte persiste per lunghi periodi o risulta ricorrente la causa potrebbe essere proprio una o –raramente- più intolleranze.
Anche la pelle appare un bersaglio preferenziale delle intolleranze alimentari. Eczema, orticaria e/o angioedema, prurito, acne, arrossamenti specie al volto e al collo, sensazione di bruciore, sudorazione, secchezza della cute possono infatti dipendere dalla reazione diretta a un alimento oppure ai suoi effetti generali sul metabolismo.
A livello sistemico in presenza di intolleranze alimentari si possono manifestare anemia, ipotensione o ipertensione, cefalea, capogiri, sonnolenza oppure insonnia, difficoltà di concentrazione e stanchezza ingiustificata. Frequenti anche asma e raffreddore.

Tutte le forma di intolleranze alimentari se non trattate peggiorano. I sintomi diventano più numerosi e marcati, anche come conseguenza delle alterazioni che si verificano a carico della mucosa intestinale. Il risultato ultimo è il malassorbimento, non solo dei cibi incriminati ma anche di quelli che non darebbero problemi, dato che l’intestino perde gradualmente la propria capacità di assimilare i nutrienti.
Come scoprire le intolleranze alimentari
Tenere un diario giornaliero elencandovi i tuoi menù e la comparsa dei sintomi può rivelare la relazione fra un cibo e i tuoi disturbi. A questo punto diventa più facile inquadrare il problema.
Il medico, eseguita anche l’anamnesi, prescriverà quindi gli esami per scovare le intolleranze alimentari responsabili. Quali? Biopsia duodenale, che rileva le alterazioni della mucosa, breath test per l’intolleranza agli zuccheri semplici lattosio e fruttosio oppure una serie di test genetici per individuare la carenza enzimatica responsabile del favismo.
Ma soprattutto, l’inquadramento diagnostico prevede l’esclusione dei gruppi alimentari coinvolti per alcuni mesi. In tal modo si dà il tempo alla mucosa intestinale di rigenerarsi correttamente e i sintomi scompaiono, posto che siano stati eliminati i cibi effettivamente responsabili delle intolleranze alimentari. Dopodiché si provvede a una cauta reintroduzione di tali sostanze. Se i disturbi si ripresentano, ecco scoperta la causa. In caso contrario, lo specialista provvederà a prescrivere l’astinenza da un altro gruppo di alimenti e così via fino ad arrivare alla diagnosi.
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